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GLI AUGURI DEL CAPOGRUPPO DI ROMA


Fino a qualche anno fa, il concetto di volontariato era spesso associato ad un fenomeno marginale, un’alternativa hobbistica poco compresa ed approfondita.

Ricordo bene il pensiero degli anni ’80, periodo nel quale io mossi i primi passi in questo mondo, quando era consuetudine sentirsi rivolgere frasi tipo “fai volontariato, invece di andare al mare?”, oppure “ma cosa fai esattamente?”, “ma almeno ti pagano?”…

L’idea comune si limitava alla visione medico-infermieristica, radioamatoriale o di bassa manovalanza, talvolta ulteriormente danneggiata da personaggi che, a causa di comportamenti illeciti, diedero origine a preconcetti diffusissimi come “il mancato poliziotto”, per non parlare delle tante truffe perpetrate abusando il nome del volontariato.

L’acuirsi dei fenomeni geofisici (ad iniziare dal terremoto in Abruzzo del 2009) ed i repentini cambiamenti climatici hanno progressivamente modificato l’immaginario comune, soprattutto grazie ad una sempre maggiore richiesta di specializzazione professionale del volontario da parte delle pubbliche amministrazioni e l’istituzione degli albi regionali.


La televisione ed i social network nei quali le immagini di uomini e donne intenti a scavare tra le macerie, a condurre cani da soccorso, spesso sopraffatti dalle emozioni, hanno indubbiamente contribuito ad una maggiore sensibilizzazione da parte della popolazione che da un negativo concetto iniziale di “perditempo” ha iniziato a vedere i volontari come eroi.



Credo che i tempi siano dunque maturi per aiutare la cittadinanza a comprendere come il ruolo dell’odierno volontario non sia solamente limitato ai disastri ma che, anzi, grazie al lavoro condotto nel quotidiano nei campi della prevenzione, dello studio del territorio, nell’assistenza e nella formazione, egli contribuisca fattivamente alla riduzione dei rischi in caso di grandi eventi.


Il Corpo Italiano di San Lazzaro da anni è impegnato in questi settori, convinto che l’essere preparati dal punto di vista psicologico, socio-geografico e sulla fenomenologia naturale (o innescata dell’uomo), possa sensibilmente aumentare la qualità del successivo intervento sul campo: decine di riconoscimenti nazionali ed internazionali dimostrano la validità di tale percorso.

Il volontario del “terzo millennio” deve essere una figura professionale di riferimento la cui rinuncia alla retribuzione, benché fondamentale, sia di secondo piano rispetto alla sua preparazione.